Amaxofobia: vinci la paura di guidare

E’ molto diffuso un tipo di fobia piuttosto invalidante: la paura di guidare. Più di molti altri disturbi fobici della amaxofobia (amaxos, carro) ci si vergogna, perchè oggi l’auto è uno strumento irrinunciabile della vita quotidiana. L’amaxofobico ha una paura irrazionale di guidare, che talvolta viene da episodi traumatici passati, riferiti a sè o a persone vicine, ma non sempre si trovano correlazioni con tali vissuti. ” Oddio, devo guidare”… mettersi al volante può scatenare tutte le classiche reazioni fobiche, quali sudorazione, tremore, pallore, irrigidimento, tachicardia ed innesca in molti casi comportamenti evitanti: “Guida tu, ho lasciato a casa gli occhiali…”, oppure malattie opportunistiche che fanno perdere anche importanti occasioni lavorative e di fruizione della vita sociale. Nei casi estremi la guida provoca veri e propri attacchi di panico ed uno stato susseguente di malessere, prostrazione e vergogna, che innesca una spirale sempre più avvinghiantesi alla persona che diviene rinunciataria e limita i suoi confini. Le reazioni che si scatenano vengono da aree arcaiche del cervello, che non possono essere padroneggiate attraverso un semplice sforzo di volontà, che diviene estremamente affaticante o destabilizzante, in definitiva pericoloso. Esistono strade sperimentate che possono aiutare ad uscire da questo condizionamento, innescando una nuova abilità. Su internet si trovano molti articoli che indicano la terapia cognitivo-comportamentale come lo strumento migliore per affrontare questo disturbo. Concordo sino ad un certo punto: le tecniche del flooding, ovvero la somministrazione dello stimolo nocivo in maniera controllata e la desensibilizzazione sistematica, cioè l’affrontare gradualmente le situazioni scatenanti sono estremamente efficaci con questa patologia. Preferisco però ricorrere alle stesse metodiche e ad altre ancora attraverso la ipnosi, con la quale il soggetto viene condotto attraverso una vera e propria scuola guida in stato di piacevole rilassamento, rinforzando le sue capacità, il senso di sicurezza, di abbandono e concentrazione. Questa però è solo una parte della terapia, in certi casi è necessario che il terapeuta abbia competenze maggiori, che gli permettano una analisi completa della personalità del paziente, alla ricerca di modelli introiettati, episodi traumatici dimenticati o soppressi, predisposizioni all’ansia, somatizzazioni di accompagnamento (ad esempio blocco cervicale da attenzione spasmodica), condizionamenti da parte dell’ambiente nel periodo infantile ed adolescenziale, carenza di autostima, inibizioni della tendenza alla autorealizzazione, carenze motivazionali per dire alcuni degli aspetti principali.

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